Sambo mi guarda dolcemente con i suoi occhi color miele e io mi emoziono. È l’elefantessa più famosa della Cambogia, perché per più di vent’anni ha portato sulle sue spalle migliaia di turisti per la capitale Phnom Penh. L’ho conosciuta presso l’Elephant Valley Project (EVP) un santuario etico in Cambogia che si prende cura di lei che ormai ha sessant’anni, il suo volto è scarno, la sua pelle è grigia e un po’ rosea a causa dell’età. Quando la vedo per la prima volta le stanno facendo la pedicure quotidiana, ha due zampe in ammollo in secchi pieni di acqua e iodio. L’immagine è buffa, perché mai avrei pensato di vedere un elefante concedersi questo trattamento di bellezza - quasi umano - ma in realtà nasconde una triste verità. Camminando per anni sull’asfalto bollente della capitale Sambo ha consumato l’intera suola delle sue zampe, sviluppando infezioni che hanno aperto veri e propri buchi al loro interno.
La storia di Sambo rappresenta la condizione di vita degli elefanti in Asia, soprattutto nel Sud-Est Asiatico. Una storia di sfruttamento e violenze perpetuate per insegnare a questi animali come comportarsi, come obbedire, come diventare attrazioni perfette per turisti molto spesso inconsapevoli di ciò che sta dietro a quella docilità.
Un Turismo che si Macchia di Sangue e Sofferenza
Il Wildlife Tourism, ovvero il turismo della fauna selvatica, è il settore in forte crescita che negli ultimi anni ha fatto aumentare il numero di attività legate a questo tipo di domanda turistica. Come conseguenza, il numero di elefanti in cattività è cresciuto così come la quantità di abusi che subiscono. Non è questo tipo di turismo che è sbagliato, ma è il modo in cui viene più spesso praticato. Per quanto sia un turismo idealmente a stretto contatto con la natura non è sinonimo di eticità e rispetto dei suoi habitat né di chi li abita.
In paesi come la Thailandia si possono ancora fare dei tour nei templi sulla groppa degli elefanti. Ci sono numerosi centri che si definiscono “santuari” dove i turisti possono accarezzare, fare il bagno con loro, nutrire questi pachidermi o assistere alle loro esibizioni. Tutto ciò è completamente innaturale nella vita di un elefante.
Si tratta sempre di un animale selvatico, nato per essere libero dalle catene e per interagire con i suoi simili, non con gli umani. Gli elefanti spesso sono vittime di bracconaggio, i piccoli vengono strappati dalle loro madri o nascono in cattività senza alcuna possibilità di uscirne. I loro proprietari, per educarli a comportarsi bene o fare specifiche acrobazie, li picchiano e feriscono, facendoli morire di fame per giorni. Questo procedimento in inglese si dice “Crushing of spirit”, essenzialmente una “rottura dello spirito” di questi giganti gentili che vivono un vero e proprio trauma. Un elefante che si lascia toccare da centinaia di mani ogni giorno o che lascia salire sulla sua groppa sconosciuti ogni ora, non è felice di farlo né si comporta in maniera naturale. È il risultato di una visione del mondo antropocentrica che da una parte sfrutta l’elefante, e dall’altra vuole diventarne amico, toccarlo, fotografarlo e, ironicamente, fregarsene completamente del suo benessere psico-fisico
Le Alternative per un Turismo Etico con gli Elefanti
Per chi vuole essere una viaggiatrice o un viaggiatore responsabile è importante riflettere sull’impatto che si ha nel paese che si visita, conoscendone anche i lati più problematici e cercando di non contribuire allo stato di sofferenza e sfruttamento di animali e persone. Per fortuna, oggi più che mai esistono le alternative per farlo. Ma prima di tutto, per chi ama gli elefanti, ecco qui poche e semplici regole per stare ben lontani dai falsi santuari degli elefanti:
- Evitare qualsiasi santuario che proponga un’attività innaturale con gli elefanti (interazioni ravvicinate, spettacoli, bagni con loro, trekking sulla loro groppa…).
- Controllare recensioni su google, molto spesso altri utenti che fanno l’errore di visitare uno specifico santuario raccontano le condizioni terrificanti in cui gli animali sono costretti a vivere.
- Controllare il sito web del santuario per valutarne l’eticità e che gli elefanti presenti siano stati salvati da condizioni precedenti di sfruttamento e abusi
In questa lista si possono trovare numerosi santuari etici che si possono visitare, sempre nel pieno rispetto degli elefanti e del loro spazio. Molto spesso questi centri di riabilitazione offrono opportunità per i viaggiatori di visitare gli elefanti osservandoli nel loro ambiente naturale, a distanza, mentre una guida locale vi porta ad approfondire le loro storie e personalità. Tra questi centri c’è l’Elephant Valley Project, dove ho incontrato Sambo, e poi Ruby, Easy Rider, Mae Nang e Diamon. Conoscere queste meravigliose elefantesse - e un piccolo elefantino - è stato uno dei momenti più speciali della mia vita, senza neanche sfiorarle le ho ammirate nella loro autentica libertà.
Sambo mi guarda dolcemente con i suoi occhi color miele e io mi emoziono. È l’elefantessa più famosa della Cambogia, perché per più di vent’anni ha portato sulle sue spalle migliaia di turisti per la capitale Phnom Penh. L’ho conosciuta presso l’Elephant Valley Project (EVP) un santuario etico in Cambogia che si prende cura di lei che ormai ha sessant’anni, il suo volto è scarno, la sua pelle è grigia e un po’ rosea a causa dell’età. Quando la vedo per la prima volta le stanno facendo la pedicure quotidiana, ha due zampe in ammollo in secchi pieni di acqua e iodio. L’immagine è buffa, perché mai avrei pensato di vedere un elefante concedersi questo trattamento di bellezza - quasi umano - ma in realtà nasconde una triste verità. Camminando per anni sull’asfalto bollente della capitale Sambo ha consumato l’intera suola delle sue zampe, sviluppando infezioni che hanno aperto veri e propri buchi al loro interno.
La storia di Sambo rappresenta la condizione di vita degli elefanti in Asia, soprattutto nel Sud-Est Asiatico. Una storia di sfruttamento e violenze perpetuate per insegnare a questi animali come comportarsi, come obbedire, come diventare attrazioni perfette per turisti molto spesso inconsapevoli di ciò che sta dietro a quella docilità.
Un Turismo che si Macchia di Sangue e Sofferenza
Il Wildlife Tourism, ovvero il turismo della fauna selvatica, è il settore in forte crescita che negli ultimi anni ha fatto aumentare il numero di attività legate a questo tipo di domanda turistica. Come conseguenza, il numero di elefanti in cattività è cresciuto così come la quantità di abusi che subiscono. Non è questo tipo di turismo che è sbagliato, ma è il modo in cui viene più spesso praticato. Per quanto sia un turismo idealmente a stretto contatto con la natura non è sinonimo di eticità e rispetto dei suoi habitat né di chi li abita.
In paesi come la Thailandia si possono ancora fare dei tour nei templi sulla groppa degli elefanti. Ci sono numerosi centri che si definiscono “santuari” dove i turisti possono accarezzare, fare il bagno con loro, nutrire questi pachidermi o assistere alle loro esibizioni. Tutto ciò è completamente innaturale nella vita di un elefante.
Si tratta sempre di un animale selvatico, nato per essere libero dalle catene e per interagire con i suoi simili, non con gli umani. Gli elefanti spesso sono vittime di bracconaggio, i piccoli vengono strappati dalle loro madri o nascono in cattività senza alcuna possibilità di uscirne. I loro proprietari, per educarli a comportarsi bene o fare specifiche acrobazie, li picchiano e feriscono, facendoli morire di fame per giorni. Questo procedimento in inglese si dice “Crushing of spirit”, essenzialmente una “rottura dello spirito” di questi giganti gentili che vivono un vero e proprio trauma. Un elefante che si lascia toccare da centinaia di mani ogni giorno o che lascia salire sulla sua groppa sconosciuti ogni ora, non è felice di farlo né si comporta in maniera naturale. È il risultato di una visione del mondo antropocentrica che da una parte sfrutta l’elefante, e dall’altra vuole diventarne amico, toccarlo, fotografarlo e, ironicamente, fregarsene completamente del suo benessere psico-fisico
Le Alternative per un Turismo Etico con gli Elefanti
Per chi vuole essere una viaggiatrice o un viaggiatore responsabile è importante riflettere sull’impatto che si ha nel paese che si visita, conoscendone anche i lati più problematici e cercando di non contribuire allo stato di sofferenza e sfruttamento di animali e persone. Per fortuna, oggi più che mai esistono le alternative per farlo. Ma prima di tutto, per chi ama gli elefanti, ecco qui poche e semplici regole per stare ben lontani dai falsi santuari degli elefanti:
- Evitare qualsiasi santuario che proponga un’attività innaturale con gli elefanti (interazioni ravvicinate, spettacoli, bagni con loro, trekking sulla loro groppa…).
- Controllare recensioni su google, molto spesso altri utenti che fanno l’errore di visitare uno specifico santuario raccontano le condizioni terrificanti in cui gli animali sono costretti a vivere.
- Controllare il sito web del santuario per valutarne l’eticità e che gli elefanti presenti siano stati salvati da condizioni precedenti di sfruttamento e abusi
In questa lista si possono trovare numerosi santuari etici che si possono visitare, sempre nel pieno rispetto degli elefanti e del loro spazio. Molto spesso questi centri di riabilitazione offrono opportunità per i viaggiatori di visitare gli elefanti osservandoli nel loro ambiente naturale, a distanza, mentre una guida locale vi porta ad approfondire le loro storie e personalità. Tra questi centri c’è l’Elephant Valley Project, dove ho incontrato Sambo, e poi Ruby, Easy Rider, Mae Nang e Diamon. Conoscere queste meravigliose elefantesse - e un piccolo elefantino - è stato uno dei momenti più speciali della mia vita, senza neanche sfiorarle le ho ammirate nella loro autentica libertà.
Sambo mi guarda dolcemente con i suoi occhi color miele e io mi emoziono. È l’elefantessa più famosa della Cambogia, perché per più di vent’anni ha portato sulle sue spalle migliaia di turisti per la capitale Phnom Penh. L’ho conosciuta presso l’Elephant Valley Project (EVP) un santuario etico in Cambogia che si prende cura di lei che ormai ha sessant’anni, il suo volto è scarno, la sua pelle è grigia e un po’ rosea a causa dell’età. Quando la vedo per la prima volta le stanno facendo la pedicure quotidiana, ha due zampe in ammollo in secchi pieni di acqua e iodio. L’immagine è buffa, perché mai avrei pensato di vedere un elefante concedersi questo trattamento di bellezza - quasi umano - ma in realtà nasconde una triste verità. Camminando per anni sull’asfalto bollente della capitale Sambo ha consumato l’intera suola delle sue zampe, sviluppando infezioni che hanno aperto veri e propri buchi al loro interno.
La storia di Sambo rappresenta la condizione di vita degli elefanti in Asia, soprattutto nel Sud-Est Asiatico. Una storia di sfruttamento e violenze perpetuate per insegnare a questi animali come comportarsi, come obbedire, come diventare attrazioni perfette per turisti molto spesso inconsapevoli di ciò che sta dietro a quella docilità.
Un Turismo che si Macchia di Sangue e Sofferenza
Il Wildlife Tourism, ovvero il turismo della fauna selvatica, è il settore in forte crescita che negli ultimi anni ha fatto aumentare il numero di attività legate a questo tipo di domanda turistica. Come conseguenza, il numero di elefanti in cattività è cresciuto così come la quantità di abusi che subiscono. Non è questo tipo di turismo che è sbagliato, ma è il modo in cui viene più spesso praticato. Per quanto sia un turismo idealmente a stretto contatto con la natura non è sinonimo di eticità e rispetto dei suoi habitat né di chi li abita.
In paesi come la Thailandia si possono ancora fare dei tour nei templi sulla groppa degli elefanti. Ci sono numerosi centri che si definiscono “santuari” dove i turisti possono accarezzare, fare il bagno con loro, nutrire questi pachidermi o assistere alle loro esibizioni. Tutto ciò è completamente innaturale nella vita di un elefante.
Si tratta sempre di un animale selvatico, nato per essere libero dalle catene e per interagire con i suoi simili, non con gli umani. Gli elefanti spesso sono vittime di bracconaggio, i piccoli vengono strappati dalle loro madri o nascono in cattività senza alcuna possibilità di uscirne. I loro proprietari, per educarli a comportarsi bene o fare specifiche acrobazie, li picchiano e feriscono, facendoli morire di fame per giorni. Questo procedimento in inglese si dice “Crushing of spirit”, essenzialmente una “rottura dello spirito” di questi giganti gentili che vivono un vero e proprio trauma. Un elefante che si lascia toccare da centinaia di mani ogni giorno o che lascia salire sulla sua groppa sconosciuti ogni ora, non è felice di farlo né si comporta in maniera naturale. È il risultato di una visione del mondo antropocentrica che da una parte sfrutta l’elefante, e dall’altra vuole diventarne amico, toccarlo, fotografarlo e, ironicamente, fregarsene completamente del suo benessere psico-fisico
Le Alternative per un Turismo Etico con gli Elefanti
Per chi vuole essere una viaggiatrice o un viaggiatore responsabile è importante riflettere sull’impatto che si ha nel paese che si visita, conoscendone anche i lati più problematici e cercando di non contribuire allo stato di sofferenza e sfruttamento di animali e persone. Per fortuna, oggi più che mai esistono le alternative per farlo. Ma prima di tutto, per chi ama gli elefanti, ecco qui poche e semplici regole per stare ben lontani dai falsi santuari degli elefanti:
- Evitare qualsiasi santuario che proponga un’attività innaturale con gli elefanti (interazioni ravvicinate, spettacoli, bagni con loro, trekking sulla loro groppa…).
- Controllare recensioni su google, molto spesso altri utenti che fanno l’errore di visitare uno specifico santuario raccontano le condizioni terrificanti in cui gli animali sono costretti a vivere.
- Controllare il sito web del santuario per valutarne l’eticità e che gli elefanti presenti siano stati salvati da condizioni precedenti di sfruttamento e abusi
In questa lista si possono trovare numerosi santuari etici che si possono visitare, sempre nel pieno rispetto degli elefanti e del loro spazio. Molto spesso questi centri di riabilitazione offrono opportunità per i viaggiatori di visitare gli elefanti osservandoli nel loro ambiente naturale, a distanza, mentre una guida locale vi porta ad approfondire le loro storie e personalità. Tra questi centri c’è l’Elephant Valley Project, dove ho incontrato Sambo, e poi Ruby, Easy Rider, Mae Nang e Diamon. Conoscere queste meravigliose elefantesse - e un piccolo elefantino - è stato uno dei momenti più speciali della mia vita, senza neanche sfiorarle le ho ammirate nella loro autentica libertà.