Popoli e Culture
4/3/2025

Racconti dall’Azerbaijan: Storie Femminili di Tradizione e Innovazione

Simona Di Carlo
Simona Di Carlo
Redazione Macondo
Simona Di Carlo
Simona Di Carlo
Redazione Macondo

E Tu? Cosa Fai Prima di un Viaggio?

Sono sicura che leggendo questa domanda hai subito visualizzato qualcosa. Una lista, uno zaino, una guida. Un telo, un portamonete, il nulla cosmico. Il punto però non è cosa visualizzi, ma l’atto stesso di visualizzare. Si materializza qualcosa di cui siamo in attesa e allo stesso tempo andiamo alla ricerca, compare davanti a noi un simbolo che è lo specchio del nostro approccio al viaggio ma anche la direzione che questo assume.

Io, per esempio, prima di un viaggio visualizzo sempre delle storie. Chi incontrerò? Cosa non conosco del posto in cui sto andando? C’è un aneddoto che valga la pena raccontare? Naturalmente le mie domande troveranno una risposta solo al ritorno. Eppure, in questo viaggio prima del viaggio, in questo scavare e cercare, mi imbatto mio malgrado in storie che trovano comunque il modo di alimentare la mia curiosità e, sebbene non abbiano alcuna connotazione emotivo-personale, vale la pena raccontare perché sono un modo diverso e altrettanto sorprendente di esplorare la cultura di un paese.

In questo periodo sono a caccia di storie sull’Azerbaijan, un paese del quale ho imparato a conoscere le sfumature paesaggistiche e le bellezze naturali – a proposito, trovate qualche spunto nell’articolo “Azerbaijan: Un Caleidoscopio di Paesaggi” uscito qui sul blog lo scorso gennaio.

I paesaggi sono magici, però non mi bastano. Vorrei scoprire qualcosa di più di questa terra timida e allo stesso tempo impaziente di mostrarsi, accogliente ma ancora un po’ timorosa del mondo. Vorrei conoscerne il passato, esplorarne le tradizioni, studiarne le contraddizioni. E vorrei farlo con delle figure che possano guidarmi in questo percorso.

Ecco perché la donna. Ecco perché la donna in Azerbaijan.

Emanuela D'Ambrosi

Una Pillola di Femminismo

In questa “Terra del Fuoco”, come si suole chiamare l’Azerbaijan, il femminismo sembra essere arrivato prima che in molti Paesi dell’Occidente. Con la prima Repubblica Democratica, infatti, l’Azerbaijan ha introdotto una serie di innovazioni tra cui il diritto di voto per le donne già nel 1918. Un bel traguardo se si pensa che ci troviamo nel Medi Oriente musulmano e l’Italia, tanto per fare un esempio, ci è arrivata circa trent’anni dopo. Il primo passo in un lungo percorso di emancipazione di cui le donne azere sono tuttora protagoniste.

Una Pioniera nel Blu Dipinto di Blu

Una storia che su di me ha avuto un gran effetto wow! è quella di Leyla Mammadbeyova. Leyla è stata una donna energica, perseverante e appassionata. Nel 1931 è diventata la prima donna pilota, non solo di tutto l’Azerbaijan, ma anche di tutta l’Europa meridionale, del Caucaso e del Medio Oriente. Non contenta, qualche anno dopo si è guadagnata il titolo di seconda paracadutista dell’Unione Sovietica. Insomma, era una a cui piaceva volare alto, in tutti i sensi.

E avrebbe voluto fare di più. Avrebbe voluto pilotare gli aerei durante la Seconda guerra mondiale. Provò a proporsi, ma nonostante la preparazione ricevette un no secco come risposta. Era donna dopotutto, dove voleva andare? Aveva sei figli a cui badare e la casa a cui star dietro. Leyla non si diede per vinta, e decise di fare a modo suo. In guerra non ci andò, questo è vero, ma per dare ugualmente un contributo fondò una scuola di aviazione dove formare piloti militari.

Vorrei tanto sapere se uno dei suoi sei figli è ancora in vita, perché sono certa che di lei e dei suoi voli in cielo si potrebbero tracciare infinite rotte e narrarne altrettanti racconti.

Filatrici Cantastorie e Artisti Visionari

Il tappeto è sin dall’Età del Bronzo il patrimonio culturale più rappresentativo dell’identità azera. Non è solo un oggetto ornamentale per pareti o pavimenti, ma il risultato di un lavoro che dura quattro stagioni e coinvolge principalmente le donne. Dopo il periodo della tosatura delle pecore, le donne si occupano di filare lana, seta e cotone e poi tingerli con erbe e sostanze coloranti reperite in natura.

L’arte della tessitura del tappeto è antichissima e si tramanda ancora oggi con l’oralità del racconto e la perseveranza della pratica: tutte le ragazze apprendono dalle proprie madri e nonne, mentre le promesse spose affiancano le suocere. Non finisce qui. La tradizione della tessitura del tappeto è talmente preziosa e radicata che non solo è possibile trovare tappeti in ogni casa, ma anche leggere visivamente la storia della famiglia a cui appartengono nei loro variopinti e particolari ghirigori.

Emanuela D'Ambrosi

Una collezione di pezzi unici è oggi ospitata nel Museo del Tappeto di Baku, una struttura iconica sia dentro che fuori. Fuori perché è un capolavoro di architettura contemporanea che riproduce con linee delicate e precise la forma di un tappeto che si srotola; dentro perché è un turbinio di colori e forme pazzeschi che invitano l’ospite a fluttuare vorticosamente su trame di storie dalle quali non si può non riemergere carichi di emozioni.

Emanuela D'Ambrosi

Un’emozione unica, in tal senso, sono le opere dell’artista Faig Ahmed, voce fuori dal coro in questo coro di sole donne che però merita una menzione per la sua capacità di fare arte mettendo al centro del suo studio l’oggetto più rappresentativo, e oserei dire a tratti quasi sacro, della sua cultura.

Faig Ahmed, artista azero di fama internazionale, trasforma antichi tappeti familiari in incredibili opere d’arte contemporanea. Con l’ausilio delle moderne tecnologie riprogetta la trama del tessuto al computer introducendo elementi come pixel, glitch o colature e dà quindi vita a un manufatto che solo per metà ricorda l’oggetto tradizionale di partenza; l’altra metà si trasforma e si distorce. Il tappeto è un tappeto ma anche un tappeto che si sfilaccia, un tappeto che si disintegra, un tappeto che si scioglie. Consiglio una visita al suo sito, ma non garantisco ne riemergerete interi.

Le Storie dell’Expedition

Non posso non pensare che questo articolo, con ogni probabilità, avrà un sequel. Sì, perché se è vero che le storie sono tante quanti sono gli occhi che le vedono, le bocche che le narrano e gli animi che le vivono allora è altrettanto vero che dopo l’Expedition in Azerbaijan se ne potranno dire delle belle. Incontreremo donne e uomini di famiglia, ammireremo paesaggi, scatteremo fotografie ma, soprattutto, l’esperienza che vivremo troverà spazio dentro di noi e al ritorno si farà storia anche quella.

Che dici, la raccontiamo insieme?

E Tu? Cosa Fai Prima di un Viaggio?

Sono sicura che leggendo questa domanda hai subito visualizzato qualcosa. Una lista, uno zaino, una guida. Un telo, un portamonete, il nulla cosmico. Il punto però non è cosa visualizzi, ma l’atto stesso di visualizzare. Si materializza qualcosa di cui siamo in attesa e allo stesso tempo andiamo alla ricerca, compare davanti a noi un simbolo che è lo specchio del nostro approccio al viaggio ma anche la direzione che questo assume.

Io, per esempio, prima di un viaggio visualizzo sempre delle storie. Chi incontrerò? Cosa non conosco del posto in cui sto andando? C’è un aneddoto che valga la pena raccontare? Naturalmente le mie domande troveranno una risposta solo al ritorno. Eppure, in questo viaggio prima del viaggio, in questo scavare e cercare, mi imbatto mio malgrado in storie che trovano comunque il modo di alimentare la mia curiosità e, sebbene non abbiano alcuna connotazione emotivo-personale, vale la pena raccontare perché sono un modo diverso e altrettanto sorprendente di esplorare la cultura di un paese.

In questo periodo sono a caccia di storie sull’Azerbaijan, un paese del quale ho imparato a conoscere le sfumature paesaggistiche e le bellezze naturali – a proposito, trovate qualche spunto nell’articolo “Azerbaijan: Un Caleidoscopio di Paesaggi” uscito qui sul blog lo scorso gennaio.

I paesaggi sono magici, però non mi bastano. Vorrei scoprire qualcosa di più di questa terra timida e allo stesso tempo impaziente di mostrarsi, accogliente ma ancora un po’ timorosa del mondo. Vorrei conoscerne il passato, esplorarne le tradizioni, studiarne le contraddizioni. E vorrei farlo con delle figure che possano guidarmi in questo percorso.

Ecco perché la donna. Ecco perché la donna in Azerbaijan.

Emanuela D'Ambrosi

Una Pillola di Femminismo

In questa “Terra del Fuoco”, come si suole chiamare l’Azerbaijan, il femminismo sembra essere arrivato prima che in molti Paesi dell’Occidente. Con la prima Repubblica Democratica, infatti, l’Azerbaijan ha introdotto una serie di innovazioni tra cui il diritto di voto per le donne già nel 1918. Un bel traguardo se si pensa che ci troviamo nel Medi Oriente musulmano e l’Italia, tanto per fare un esempio, ci è arrivata circa trent’anni dopo. Il primo passo in un lungo percorso di emancipazione di cui le donne azere sono tuttora protagoniste.

Una Pioniera nel Blu Dipinto di Blu

Una storia che su di me ha avuto un gran effetto wow! è quella di Leyla Mammadbeyova. Leyla è stata una donna energica, perseverante e appassionata. Nel 1931 è diventata la prima donna pilota, non solo di tutto l’Azerbaijan, ma anche di tutta l’Europa meridionale, del Caucaso e del Medio Oriente. Non contenta, qualche anno dopo si è guadagnata il titolo di seconda paracadutista dell’Unione Sovietica. Insomma, era una a cui piaceva volare alto, in tutti i sensi.

E avrebbe voluto fare di più. Avrebbe voluto pilotare gli aerei durante la Seconda guerra mondiale. Provò a proporsi, ma nonostante la preparazione ricevette un no secco come risposta. Era donna dopotutto, dove voleva andare? Aveva sei figli a cui badare e la casa a cui star dietro. Leyla non si diede per vinta, e decise di fare a modo suo. In guerra non ci andò, questo è vero, ma per dare ugualmente un contributo fondò una scuola di aviazione dove formare piloti militari.

Vorrei tanto sapere se uno dei suoi sei figli è ancora in vita, perché sono certa che di lei e dei suoi voli in cielo si potrebbero tracciare infinite rotte e narrarne altrettanti racconti.

Filatrici Cantastorie e Artisti Visionari

Il tappeto è sin dall’Età del Bronzo il patrimonio culturale più rappresentativo dell’identità azera. Non è solo un oggetto ornamentale per pareti o pavimenti, ma il risultato di un lavoro che dura quattro stagioni e coinvolge principalmente le donne. Dopo il periodo della tosatura delle pecore, le donne si occupano di filare lana, seta e cotone e poi tingerli con erbe e sostanze coloranti reperite in natura.

L’arte della tessitura del tappeto è antichissima e si tramanda ancora oggi con l’oralità del racconto e la perseveranza della pratica: tutte le ragazze apprendono dalle proprie madri e nonne, mentre le promesse spose affiancano le suocere. Non finisce qui. La tradizione della tessitura del tappeto è talmente preziosa e radicata che non solo è possibile trovare tappeti in ogni casa, ma anche leggere visivamente la storia della famiglia a cui appartengono nei loro variopinti e particolari ghirigori.

Emanuela D'Ambrosi

Una collezione di pezzi unici è oggi ospitata nel Museo del Tappeto di Baku, una struttura iconica sia dentro che fuori. Fuori perché è un capolavoro di architettura contemporanea che riproduce con linee delicate e precise la forma di un tappeto che si srotola; dentro perché è un turbinio di colori e forme pazzeschi che invitano l’ospite a fluttuare vorticosamente su trame di storie dalle quali non si può non riemergere carichi di emozioni.

Emanuela D'Ambrosi

Un’emozione unica, in tal senso, sono le opere dell’artista Faig Ahmed, voce fuori dal coro in questo coro di sole donne che però merita una menzione per la sua capacità di fare arte mettendo al centro del suo studio l’oggetto più rappresentativo, e oserei dire a tratti quasi sacro, della sua cultura.

Faig Ahmed, artista azero di fama internazionale, trasforma antichi tappeti familiari in incredibili opere d’arte contemporanea. Con l’ausilio delle moderne tecnologie riprogetta la trama del tessuto al computer introducendo elementi come pixel, glitch o colature e dà quindi vita a un manufatto che solo per metà ricorda l’oggetto tradizionale di partenza; l’altra metà si trasforma e si distorce. Il tappeto è un tappeto ma anche un tappeto che si sfilaccia, un tappeto che si disintegra, un tappeto che si scioglie. Consiglio una visita al suo sito, ma non garantisco ne riemergerete interi.

Le Storie dell’Expedition

Non posso non pensare che questo articolo, con ogni probabilità, avrà un sequel. Sì, perché se è vero che le storie sono tante quanti sono gli occhi che le vedono, le bocche che le narrano e gli animi che le vivono allora è altrettanto vero che dopo l’Expedition in Azerbaijan se ne potranno dire delle belle. Incontreremo donne e uomini di famiglia, ammireremo paesaggi, scatteremo fotografie ma, soprattutto, l’esperienza che vivremo troverà spazio dentro di noi e al ritorno si farà storia anche quella.

Che dici, la raccontiamo insieme?

E Tu? Cosa Fai Prima di un Viaggio?

Sono sicura che leggendo questa domanda hai subito visualizzato qualcosa. Una lista, uno zaino, una guida. Un telo, un portamonete, il nulla cosmico. Il punto però non è cosa visualizzi, ma l’atto stesso di visualizzare. Si materializza qualcosa di cui siamo in attesa e allo stesso tempo andiamo alla ricerca, compare davanti a noi un simbolo che è lo specchio del nostro approccio al viaggio ma anche la direzione che questo assume.

Io, per esempio, prima di un viaggio visualizzo sempre delle storie. Chi incontrerò? Cosa non conosco del posto in cui sto andando? C’è un aneddoto che valga la pena raccontare? Naturalmente le mie domande troveranno una risposta solo al ritorno. Eppure, in questo viaggio prima del viaggio, in questo scavare e cercare, mi imbatto mio malgrado in storie che trovano comunque il modo di alimentare la mia curiosità e, sebbene non abbiano alcuna connotazione emotivo-personale, vale la pena raccontare perché sono un modo diverso e altrettanto sorprendente di esplorare la cultura di un paese.

In questo periodo sono a caccia di storie sull’Azerbaijan, un paese del quale ho imparato a conoscere le sfumature paesaggistiche e le bellezze naturali – a proposito, trovate qualche spunto nell’articolo “Azerbaijan: Un Caleidoscopio di Paesaggi” uscito qui sul blog lo scorso gennaio.

I paesaggi sono magici, però non mi bastano. Vorrei scoprire qualcosa di più di questa terra timida e allo stesso tempo impaziente di mostrarsi, accogliente ma ancora un po’ timorosa del mondo. Vorrei conoscerne il passato, esplorarne le tradizioni, studiarne le contraddizioni. E vorrei farlo con delle figure che possano guidarmi in questo percorso.

Ecco perché la donna. Ecco perché la donna in Azerbaijan.

Emanuela D'Ambrosi

Una Pillola di Femminismo

In questa “Terra del Fuoco”, come si suole chiamare l’Azerbaijan, il femminismo sembra essere arrivato prima che in molti Paesi dell’Occidente. Con la prima Repubblica Democratica, infatti, l’Azerbaijan ha introdotto una serie di innovazioni tra cui il diritto di voto per le donne già nel 1918. Un bel traguardo se si pensa che ci troviamo nel Medi Oriente musulmano e l’Italia, tanto per fare un esempio, ci è arrivata circa trent’anni dopo. Il primo passo in un lungo percorso di emancipazione di cui le donne azere sono tuttora protagoniste.

Una Pioniera nel Blu Dipinto di Blu

Una storia che su di me ha avuto un gran effetto wow! è quella di Leyla Mammadbeyova. Leyla è stata una donna energica, perseverante e appassionata. Nel 1931 è diventata la prima donna pilota, non solo di tutto l’Azerbaijan, ma anche di tutta l’Europa meridionale, del Caucaso e del Medio Oriente. Non contenta, qualche anno dopo si è guadagnata il titolo di seconda paracadutista dell’Unione Sovietica. Insomma, era una a cui piaceva volare alto, in tutti i sensi.

E avrebbe voluto fare di più. Avrebbe voluto pilotare gli aerei durante la Seconda guerra mondiale. Provò a proporsi, ma nonostante la preparazione ricevette un no secco come risposta. Era donna dopotutto, dove voleva andare? Aveva sei figli a cui badare e la casa a cui star dietro. Leyla non si diede per vinta, e decise di fare a modo suo. In guerra non ci andò, questo è vero, ma per dare ugualmente un contributo fondò una scuola di aviazione dove formare piloti militari.

Vorrei tanto sapere se uno dei suoi sei figli è ancora in vita, perché sono certa che di lei e dei suoi voli in cielo si potrebbero tracciare infinite rotte e narrarne altrettanti racconti.

Filatrici Cantastorie e Artisti Visionari

Il tappeto è sin dall’Età del Bronzo il patrimonio culturale più rappresentativo dell’identità azera. Non è solo un oggetto ornamentale per pareti o pavimenti, ma il risultato di un lavoro che dura quattro stagioni e coinvolge principalmente le donne. Dopo il periodo della tosatura delle pecore, le donne si occupano di filare lana, seta e cotone e poi tingerli con erbe e sostanze coloranti reperite in natura.

L’arte della tessitura del tappeto è antichissima e si tramanda ancora oggi con l’oralità del racconto e la perseveranza della pratica: tutte le ragazze apprendono dalle proprie madri e nonne, mentre le promesse spose affiancano le suocere. Non finisce qui. La tradizione della tessitura del tappeto è talmente preziosa e radicata che non solo è possibile trovare tappeti in ogni casa, ma anche leggere visivamente la storia della famiglia a cui appartengono nei loro variopinti e particolari ghirigori.

Emanuela D'Ambrosi

Una collezione di pezzi unici è oggi ospitata nel Museo del Tappeto di Baku, una struttura iconica sia dentro che fuori. Fuori perché è un capolavoro di architettura contemporanea che riproduce con linee delicate e precise la forma di un tappeto che si srotola; dentro perché è un turbinio di colori e forme pazzeschi che invitano l’ospite a fluttuare vorticosamente su trame di storie dalle quali non si può non riemergere carichi di emozioni.

Emanuela D'Ambrosi

Un’emozione unica, in tal senso, sono le opere dell’artista Faig Ahmed, voce fuori dal coro in questo coro di sole donne che però merita una menzione per la sua capacità di fare arte mettendo al centro del suo studio l’oggetto più rappresentativo, e oserei dire a tratti quasi sacro, della sua cultura.

Faig Ahmed, artista azero di fama internazionale, trasforma antichi tappeti familiari in incredibili opere d’arte contemporanea. Con l’ausilio delle moderne tecnologie riprogetta la trama del tessuto al computer introducendo elementi come pixel, glitch o colature e dà quindi vita a un manufatto che solo per metà ricorda l’oggetto tradizionale di partenza; l’altra metà si trasforma e si distorce. Il tappeto è un tappeto ma anche un tappeto che si sfilaccia, un tappeto che si disintegra, un tappeto che si scioglie. Consiglio una visita al suo sito, ma non garantisco ne riemergerete interi.

Le Storie dell’Expedition

Non posso non pensare che questo articolo, con ogni probabilità, avrà un sequel. Sì, perché se è vero che le storie sono tante quanti sono gli occhi che le vedono, le bocche che le narrano e gli animi che le vivono allora è altrettanto vero che dopo l’Expedition in Azerbaijan se ne potranno dire delle belle. Incontreremo donne e uomini di famiglia, ammireremo paesaggi, scatteremo fotografie ma, soprattutto, l’esperienza che vivremo troverà spazio dentro di noi e al ritorno si farà storia anche quella.

Che dici, la raccontiamo insieme?

Unisciti alla nostra prossima Expedition!