Aotearoa, in lingua Māori significa "la terra della lunga nuvola bianca”. Questo è il primo nome attribuito alle due isole che compongono la Nuova Zelanda. L’esploratore Kupe fu il primo antenato dei Māori a raggiungere l’Isola del Nord, si dice che avvistò l’isola proprio grazie alla nuvola bianca che si allungava sopra a essa. All’arrivo in questo paese ci si può ritrovare spesso con il naso all’insù, meravigliandosi nel vedere per davvero, in un cielo perfettamente terso, una lunga ed elegante nuvola bianca.
Oggi molti kiwi, ovvero neozelandesi, preferiscono chiamarla Aotearoa perché, ironicamente, il termine “Nuova Zelanda” non ha niente a che fare né con i popoli Māori né con i Pākehā (gli abitanti di origine europea). Inizialmente, i cartografi olandesi nominarono questa terra “Nova Zeelanda” perché il navigatore olandese Abel Tasman fu il primo europeo a raggiungere il paese nel 1642. Successivamente il nome venne anglicizzato in “New Zealand” dall’esploratore inglese James Cook e da allora rimase quello ufficiale.
La Cultura Maori Oggi
I popoli Māori sono stati i primi ad abitare Aotearoa raggiungendola dalle isole del Pacifico intorno al 1300. L’arrivo dei coloni europei nell’Ottocento cambiò radicalmente la loro vita introducendo merci, armi e malattie sconosciute ai Māori. Ben presto, seguirono guerre tra le stesse tribù (iwi) e tra queste e i coloni, ma soprattutto dinamiche violente di espropriazione delle terre dei Māori e una repressione della loro identità culturale, linguistica e religiosa.
Nonostante questi primi incontri difficili tra coloni e Māori, la Nuova Zelanda è attualmente uno dei paesi che ha reso, con il tempo, la cultura indigena parte fondamentale della propria identità come nazione. Sono state istituite feste nazionali come il capodanno Māori conosciuto come “Matariki” quando a giugno appare la costellazione delle Pleiadi nel cielo, oppure il “Waitangi Day” il 6 febbraio, per onorare il trattato di Waitangi. Inoltre, dal 1975 esiste la “Te Reo Māori Week”, la settimana dedicata alla lingua māori che al giorno d’oggi si insegna nelle scuole e si parla nel quotidiano, nei programmi radio e quelli televisivi. La lingua māori è una lingua viva, quella che ci piace tanto ascoltare - e anche vedere - durante l’iconica haka, ma è anche il mezzo di condivisione più importante nella cultura māori. Una parte centrale di quest’ultima è proprio la trasmissione orale di storie, canzoni e tradizioni. Infatti, di generazione in generazione i Māori raccontano le vite dei propri antenati, le proprie origini e i legami esistenti tra il mondo naturale e quello umano.
Il Mito di Māui: l’Origine delle Due Isole della Nuova Zelanda
Oltre all’haka e agli affascinanti tatuaggi Māori (moko), c’è davvero un mondo culturale ricchissimo da esplorare e in questo mondo c’è la storia di Māui, colui che pescò l’Isola del Nord di Aotearoa.
Secondo le tradizioni orali del pacifico e dei māori, Māui è un semidio astuto, intraprendente e dotato di una potenza sovrumana. Si racconta che Maui veniva sempre escluso dai suoi fratelli quando andavano a pesca ma un giorno, stanco di essere messo da parte, si nascose all’interno della canoa (waka) che utilizzavano per pescare. Il giorno seguente, i fratelli lasciarono il porto senza accorgersi di lui, quando raggiunsero il mare aperto e gettarono l’ancora Māui si mostrò a loro. Aveva intagliato un amo utilizzando le ossa della mascella di sua nonna - da lei stessa regalate per portargli fortuna e il dono della conoscenza attraverso una preghiera magica - e chiese ai fratelli di dargli un’esca. Māui si colpì il naso utilizzando il proprio sangue come esca, in quanto i suoi fratelli si rifiutarono di aiutarlo. Gettò così l’amo nelle profondità dell’oceano, ripetendo una karakia - una preghiera dotata di poteri speciali - fino a quando un pesce abboccò e lottò per liberarsi. I fratelli chiesero a Māui di lasciare andare il pesce perché altrimenti li avrebbe trascinati nella profondità del mare. Māui però non si arrese e, riunendo tutte le sue forze, riuscì a portare a galla una razza gigante. Soddisfatto del suo bottino, Māui andò a chiamare i suoi famigliari per condividerlo e celebrare i riti di ringraziamento al mare prima ancora di tagliarlo.
Da allora, l’Isola del Nord della Nuova Zelanda è chiamata Te Ika a Māui, ovvero il grande pesce di Māui in quanto la sua forma ricorda quella della razza con la testa rivolta verso sud e la coda a nord, mentre le pinne sono a est e a ovest. Come conseguenza, l’Isola del Sud viene riconosciuta come la canoa da cui Māui pescò il mitico pesce e per questo viene chiamata Te Waka a Māui. L’Isola di Stewart, nella parte più meridionale del paese è l’ancora, Te Punga a Māui. Infine il mito si conclude con il ritorno di Māui dai fratelli, questi ultimi erano stati così impazienti che avevano già intagliato il pesce, formando così le colline, i laghi e i vulcani oggi caratteristici dell’Isola del Nord.
Aotearoa, in lingua Māori significa "la terra della lunga nuvola bianca”. Questo è il primo nome attribuito alle due isole che compongono la Nuova Zelanda. L’esploratore Kupe fu il primo antenato dei Māori a raggiungere l’Isola del Nord, si dice che avvistò l’isola proprio grazie alla nuvola bianca che si allungava sopra a essa. All’arrivo in questo paese ci si può ritrovare spesso con il naso all’insù, meravigliandosi nel vedere per davvero, in un cielo perfettamente terso, una lunga ed elegante nuvola bianca.
Oggi molti kiwi, ovvero neozelandesi, preferiscono chiamarla Aotearoa perché, ironicamente, il termine “Nuova Zelanda” non ha niente a che fare né con i popoli Māori né con i Pākehā (gli abitanti di origine europea). Inizialmente, i cartografi olandesi nominarono questa terra “Nova Zeelanda” perché il navigatore olandese Abel Tasman fu il primo europeo a raggiungere il paese nel 1642. Successivamente il nome venne anglicizzato in “New Zealand” dall’esploratore inglese James Cook e da allora rimase quello ufficiale.
La Cultura Maori Oggi
I popoli Māori sono stati i primi ad abitare Aotearoa raggiungendola dalle isole del Pacifico intorno al 1300. L’arrivo dei coloni europei nell’Ottocento cambiò radicalmente la loro vita introducendo merci, armi e malattie sconosciute ai Māori. Ben presto, seguirono guerre tra le stesse tribù (iwi) e tra queste e i coloni, ma soprattutto dinamiche violente di espropriazione delle terre dei Māori e una repressione della loro identità culturale, linguistica e religiosa.
Nonostante questi primi incontri difficili tra coloni e Māori, la Nuova Zelanda è attualmente uno dei paesi che ha reso, con il tempo, la cultura indigena parte fondamentale della propria identità come nazione. Sono state istituite feste nazionali come il capodanno Māori conosciuto come “Matariki” quando a giugno appare la costellazione delle Pleiadi nel cielo, oppure il “Waitangi Day” il 6 febbraio, per onorare il trattato di Waitangi. Inoltre, dal 1975 esiste la “Te Reo Māori Week”, la settimana dedicata alla lingua māori che al giorno d’oggi si insegna nelle scuole e si parla nel quotidiano, nei programmi radio e quelli televisivi. La lingua māori è una lingua viva, quella che ci piace tanto ascoltare - e anche vedere - durante l’iconica haka, ma è anche il mezzo di condivisione più importante nella cultura māori. Una parte centrale di quest’ultima è proprio la trasmissione orale di storie, canzoni e tradizioni. Infatti, di generazione in generazione i Māori raccontano le vite dei propri antenati, le proprie origini e i legami esistenti tra il mondo naturale e quello umano.
Il Mito di Māui: l’Origine delle Due Isole della Nuova Zelanda
Oltre all’haka e agli affascinanti tatuaggi Māori (moko), c’è davvero un mondo culturale ricchissimo da esplorare e in questo mondo c’è la storia di Māui, colui che pescò l’Isola del Nord di Aotearoa.
Secondo le tradizioni orali del pacifico e dei māori, Māui è un semidio astuto, intraprendente e dotato di una potenza sovrumana. Si racconta che Maui veniva sempre escluso dai suoi fratelli quando andavano a pesca ma un giorno, stanco di essere messo da parte, si nascose all’interno della canoa (waka) che utilizzavano per pescare. Il giorno seguente, i fratelli lasciarono il porto senza accorgersi di lui, quando raggiunsero il mare aperto e gettarono l’ancora Māui si mostrò a loro. Aveva intagliato un amo utilizzando le ossa della mascella di sua nonna - da lei stessa regalate per portargli fortuna e il dono della conoscenza attraverso una preghiera magica - e chiese ai fratelli di dargli un’esca. Māui si colpì il naso utilizzando il proprio sangue come esca, in quanto i suoi fratelli si rifiutarono di aiutarlo. Gettò così l’amo nelle profondità dell’oceano, ripetendo una karakia - una preghiera dotata di poteri speciali - fino a quando un pesce abboccò e lottò per liberarsi. I fratelli chiesero a Māui di lasciare andare il pesce perché altrimenti li avrebbe trascinati nella profondità del mare. Māui però non si arrese e, riunendo tutte le sue forze, riuscì a portare a galla una razza gigante. Soddisfatto del suo bottino, Māui andò a chiamare i suoi famigliari per condividerlo e celebrare i riti di ringraziamento al mare prima ancora di tagliarlo.
Da allora, l’Isola del Nord della Nuova Zelanda è chiamata Te Ika a Māui, ovvero il grande pesce di Māui in quanto la sua forma ricorda quella della razza con la testa rivolta verso sud e la coda a nord, mentre le pinne sono a est e a ovest. Come conseguenza, l’Isola del Sud viene riconosciuta come la canoa da cui Māui pescò il mitico pesce e per questo viene chiamata Te Waka a Māui. L’Isola di Stewart, nella parte più meridionale del paese è l’ancora, Te Punga a Māui. Infine il mito si conclude con il ritorno di Māui dai fratelli, questi ultimi erano stati così impazienti che avevano già intagliato il pesce, formando così le colline, i laghi e i vulcani oggi caratteristici dell’Isola del Nord.
Aotearoa, in lingua Māori significa "la terra della lunga nuvola bianca”. Questo è il primo nome attribuito alle due isole che compongono la Nuova Zelanda. L’esploratore Kupe fu il primo antenato dei Māori a raggiungere l’Isola del Nord, si dice che avvistò l’isola proprio grazie alla nuvola bianca che si allungava sopra a essa. All’arrivo in questo paese ci si può ritrovare spesso con il naso all’insù, meravigliandosi nel vedere per davvero, in un cielo perfettamente terso, una lunga ed elegante nuvola bianca.
Oggi molti kiwi, ovvero neozelandesi, preferiscono chiamarla Aotearoa perché, ironicamente, il termine “Nuova Zelanda” non ha niente a che fare né con i popoli Māori né con i Pākehā (gli abitanti di origine europea). Inizialmente, i cartografi olandesi nominarono questa terra “Nova Zeelanda” perché il navigatore olandese Abel Tasman fu il primo europeo a raggiungere il paese nel 1642. Successivamente il nome venne anglicizzato in “New Zealand” dall’esploratore inglese James Cook e da allora rimase quello ufficiale.
La Cultura Maori Oggi
I popoli Māori sono stati i primi ad abitare Aotearoa raggiungendola dalle isole del Pacifico intorno al 1300. L’arrivo dei coloni europei nell’Ottocento cambiò radicalmente la loro vita introducendo merci, armi e malattie sconosciute ai Māori. Ben presto, seguirono guerre tra le stesse tribù (iwi) e tra queste e i coloni, ma soprattutto dinamiche violente di espropriazione delle terre dei Māori e una repressione della loro identità culturale, linguistica e religiosa.
Nonostante questi primi incontri difficili tra coloni e Māori, la Nuova Zelanda è attualmente uno dei paesi che ha reso, con il tempo, la cultura indigena parte fondamentale della propria identità come nazione. Sono state istituite feste nazionali come il capodanno Māori conosciuto come “Matariki” quando a giugno appare la costellazione delle Pleiadi nel cielo, oppure il “Waitangi Day” il 6 febbraio, per onorare il trattato di Waitangi. Inoltre, dal 1975 esiste la “Te Reo Māori Week”, la settimana dedicata alla lingua māori che al giorno d’oggi si insegna nelle scuole e si parla nel quotidiano, nei programmi radio e quelli televisivi. La lingua māori è una lingua viva, quella che ci piace tanto ascoltare - e anche vedere - durante l’iconica haka, ma è anche il mezzo di condivisione più importante nella cultura māori. Una parte centrale di quest’ultima è proprio la trasmissione orale di storie, canzoni e tradizioni. Infatti, di generazione in generazione i Māori raccontano le vite dei propri antenati, le proprie origini e i legami esistenti tra il mondo naturale e quello umano.
Il Mito di Māui: l’Origine delle Due Isole della Nuova Zelanda
Oltre all’haka e agli affascinanti tatuaggi Māori (moko), c’è davvero un mondo culturale ricchissimo da esplorare e in questo mondo c’è la storia di Māui, colui che pescò l’Isola del Nord di Aotearoa.
Secondo le tradizioni orali del pacifico e dei māori, Māui è un semidio astuto, intraprendente e dotato di una potenza sovrumana. Si racconta che Maui veniva sempre escluso dai suoi fratelli quando andavano a pesca ma un giorno, stanco di essere messo da parte, si nascose all’interno della canoa (waka) che utilizzavano per pescare. Il giorno seguente, i fratelli lasciarono il porto senza accorgersi di lui, quando raggiunsero il mare aperto e gettarono l’ancora Māui si mostrò a loro. Aveva intagliato un amo utilizzando le ossa della mascella di sua nonna - da lei stessa regalate per portargli fortuna e il dono della conoscenza attraverso una preghiera magica - e chiese ai fratelli di dargli un’esca. Māui si colpì il naso utilizzando il proprio sangue come esca, in quanto i suoi fratelli si rifiutarono di aiutarlo. Gettò così l’amo nelle profondità dell’oceano, ripetendo una karakia - una preghiera dotata di poteri speciali - fino a quando un pesce abboccò e lottò per liberarsi. I fratelli chiesero a Māui di lasciare andare il pesce perché altrimenti li avrebbe trascinati nella profondità del mare. Māui però non si arrese e, riunendo tutte le sue forze, riuscì a portare a galla una razza gigante. Soddisfatto del suo bottino, Māui andò a chiamare i suoi famigliari per condividerlo e celebrare i riti di ringraziamento al mare prima ancora di tagliarlo.
Da allora, l’Isola del Nord della Nuova Zelanda è chiamata Te Ika a Māui, ovvero il grande pesce di Māui in quanto la sua forma ricorda quella della razza con la testa rivolta verso sud e la coda a nord, mentre le pinne sono a est e a ovest. Come conseguenza, l’Isola del Sud viene riconosciuta come la canoa da cui Māui pescò il mitico pesce e per questo viene chiamata Te Waka a Māui. L’Isola di Stewart, nella parte più meridionale del paese è l’ancora, Te Punga a Māui. Infine il mito si conclude con il ritorno di Māui dai fratelli, questi ultimi erano stati così impazienti che avevano già intagliato il pesce, formando così le colline, i laghi e i vulcani oggi caratteristici dell’Isola del Nord.