Popoli e Culture
7/5/2024

La Verità Tra le Fiamme: Dubai Nuda

Bianca Iannucci
Bianca Iannucci
Redazione Macondo
Bianca Iannucci
Bianca Iannucci
Redazione Macondo

L'aria di Dubai

Alzando la testa i grattacieli sembrano così alti che toccano il cielo. L’aria è bollente, gli uomini indossano kandura e le donne sventolano ventagli ricamati. Le auto di lusso sfrecciano veloci ed i motori risuonano tra le strade sotto lo sguardo affascinato dei turisti. Dubai è una città che fonde tecnologia, innovazione, architettura e lusso. Ovunque brillano i gioielli, mi abbagliano, e le vetrine sono così ricche che ho paura mi possano addebitare una cifra sulla mia carta di credito semi-vuota solo per guardarle da lontano. Eppure, immersa in quello che per molti può sembrare un sogno, io cerco. Cerco quello che non vedo, e non riesco, per quanto mi sforzi, a trovare.

Foto di ZQ Lee su Unsplash

Alla ricerca degli uomini

Cerco la verità nella finzione. Cerco gli sguardi di chi Dubai la vive osservando i grattacieli dalle fondamenta, e non da una poltrona di Bolzan all’ottantesimo piano. “C’è un mercato, vicino al fiume, lì dove le barchette di legno accompagnano i turisti a fare il giro della baia”, mi dice il proprietario di un ristorante di cucina libanese. “Dovresti riuscire ad incontrare un ambiente diverso lì”. Il luogo in questione, per chi fosse in procinto di volare verso la città con il mio stesso spirito, è il Deira Old Souk. Mercato a cielo aperto, lo definisco il più tradizionale ma, come gran parte della città, è percepibile siano finte le pietre invecchiate e l'apparente atmosfera da mercato che si respira. E' comunque piacevole passeggiarci. Pagati pochi spiccioli al tassista scendo dall’auto e mi s’illuminano gli occhi.

I fiori e i colori

Con passo svelto mi addentro tra le stradine del Souk. I commercianti a Dubai hanno un simpaticissimo modo di catturare l'attenzione: in base al colore dei capelli delle donne occidentali che si avventurano nella strada, scelgono una cantante pop americana da associarvi. Io quella sera ero Shakira, ma sono stata anche Dua Lipa in momenti delle mie visite a Dubai dove i capelli erano scuri. E così quasi come camminando su un tappeto rosso ai Grammys, avanzo tra le botteghe tappezzate di lampade colorate e di tessuti, tra le urla dei commercianti, mentre la mia attenzione è completamente catturata dai volti delle persone che camminano in direzione opposta alla mia. Pigmenti colorati e collane di fiori adornano le donne e gli uomini che mi sfrecciano accanto. Non perdo l’occasione, al primo ragazzo della mia età chiedo cosa stia succedendo. “Oggi è festa per la comunità Indiana di Dubai. Oggi si celebra l’Holi. Vieni, lasciati colorare!”. Mi dipinge il volto con polveri verdi e rosa, mi indica una stradina, e voltandosi con dolcezza, va via. Più mi addentravo nella stradina, più il mio volto si illuminava di colori che i passanti accarezzandomi il viso mi regalavano.

La festa induista dei pigmenti

I due giorni di celebrazioni che caratterizzano la festa dell'Holi, conosciuta suppongo da molti per essere celebrata sulle più popolari spiagge d'Italia tra DJ di incalcolabile fama, prevedono un grande falò e celebrazioni che simboleggiano la vittoria del bene sul male. In generale l'idea della celebrazione è di avvicinare la comunità, scambiare doni e vivere a fondo le amicizie e l'amore. Trovate un video che ho trovato molto interessante e ben raccontato di seguito.

L'amore brucia tra i vicoli

Torniamo a Dubai, dove le strade vive di popolo convergono ad un edificio. Finalmente, la mia meta. Sentivo emanare da quel luogo un’energia speciale. Una lunghissima panchina di legno accoglieva i fedeli all'entrata. Emulando le persone intorno a me tolgo le scarpe ed a piedi nudi entro nella piccola porticina.

Mi si illuminano gli occhi. Letteralmente. Un fuoco di tre metri incendia davanti a me, sento caldo, non capisco se sia solo la fiamma o l'ambiente che ho intorno. I bambini felici danzano, mentre fiori e mandarini volano da ogni parte della stanza verso il colosso rosso. Un profumo d’incenso mi pervade, i sorrisi ora sono più intensi. Persa tra l’incanto della fiamma e gli odori ed i colori, elaboro. Sono l’unica bianca della stanza. L’unica a non essere parte della comunità Indu. L’unica a non sapere bene cosa e perchè stia succedendo. Avrei da li in poi chiesto e documentato quanto più potevo sulla festa, e sulle divinità, e sui mandarini, e su quanto più riuscivo a capire in una comunicazione resa molto difficile dalle barriere linguistiche, ma così facile dall'energia.

A Dubai in quel momento mi sono sentita per la prima volta parte di qualcosa di vero. Tra i sorrisi, tra le carezze, gli abbracci e gli sguardi d’intesa. Tra le stradine dalle pareti scrostate e dai negozi vuoti, i colori dell’Holi mi entrano dentro e mi regalano quel calore che cercavo tra gli sguardi vani dei manager in città.

Foto di UNSPLASH AJIT SINGH su Unsplash

Ed il mondo ha bisogno di consapevolezza

La comunità indiana a Dubai, ed in generale negli Emirati, è molto numerosa, e conosciuta tra le altre cose per le difficili condizioni in cui verte. Rinomato è lo sfruttamento per scopi edilizi di persone che, come accade ovunque, volano via per cercare fortuna. E dall’alto del mio privilegio, alla luce rossa della fiamma, immagino un turismo più consapevole in una delle città più ricche del mondo. Per ammirare, oltre al mercato dei gioielli, il valore spirituale di una città che trova la verità tra le vie nascoste del mercato.

L'aria di Dubai

Alzando la testa i grattacieli sembrano così alti che toccano il cielo. L’aria è bollente, gli uomini indossano kandura e le donne sventolano ventagli ricamati. Le auto di lusso sfrecciano veloci ed i motori risuonano tra le strade sotto lo sguardo affascinato dei turisti. Dubai è una città che fonde tecnologia, innovazione, architettura e lusso. Ovunque brillano i gioielli, mi abbagliano, e le vetrine sono così ricche che ho paura mi possano addebitare una cifra sulla mia carta di credito semi-vuota solo per guardarle da lontano. Eppure, immersa in quello che per molti può sembrare un sogno, io cerco. Cerco quello che non vedo, e non riesco, per quanto mi sforzi, a trovare.

Foto di ZQ Lee su Unsplash

Alla ricerca degli uomini

Cerco la verità nella finzione. Cerco gli sguardi di chi Dubai la vive osservando i grattacieli dalle fondamenta, e non da una poltrona di Bolzan all’ottantesimo piano. “C’è un mercato, vicino al fiume, lì dove le barchette di legno accompagnano i turisti a fare il giro della baia”, mi dice il proprietario di un ristorante di cucina libanese. “Dovresti riuscire ad incontrare un ambiente diverso lì”. Il luogo in questione, per chi fosse in procinto di volare verso la città con il mio stesso spirito, è il Deira Old Souk. Mercato a cielo aperto, lo definisco il più tradizionale ma, come gran parte della città, è percepibile siano finte le pietre invecchiate e l'apparente atmosfera da mercato che si respira. E' comunque piacevole passeggiarci. Pagati pochi spiccioli al tassista scendo dall’auto e mi s’illuminano gli occhi.

I fiori e i colori

Con passo svelto mi addentro tra le stradine del Souk. I commercianti a Dubai hanno un simpaticissimo modo di catturare l'attenzione: in base al colore dei capelli delle donne occidentali che si avventurano nella strada, scelgono una cantante pop americana da associarvi. Io quella sera ero Shakira, ma sono stata anche Dua Lipa in momenti delle mie visite a Dubai dove i capelli erano scuri. E così quasi come camminando su un tappeto rosso ai Grammys, avanzo tra le botteghe tappezzate di lampade colorate e di tessuti, tra le urla dei commercianti, mentre la mia attenzione è completamente catturata dai volti delle persone che camminano in direzione opposta alla mia. Pigmenti colorati e collane di fiori adornano le donne e gli uomini che mi sfrecciano accanto. Non perdo l’occasione, al primo ragazzo della mia età chiedo cosa stia succedendo. “Oggi è festa per la comunità Indiana di Dubai. Oggi si celebra l’Holi. Vieni, lasciati colorare!”. Mi dipinge il volto con polveri verdi e rosa, mi indica una stradina, e voltandosi con dolcezza, va via. Più mi addentravo nella stradina, più il mio volto si illuminava di colori che i passanti accarezzandomi il viso mi regalavano.

La festa induista dei pigmenti

I due giorni di celebrazioni che caratterizzano la festa dell'Holi, conosciuta suppongo da molti per essere celebrata sulle più popolari spiagge d'Italia tra DJ di incalcolabile fama, prevedono un grande falò e celebrazioni che simboleggiano la vittoria del bene sul male. In generale l'idea della celebrazione è di avvicinare la comunità, scambiare doni e vivere a fondo le amicizie e l'amore. Trovate un video che ho trovato molto interessante e ben raccontato di seguito.

L'amore brucia tra i vicoli

Torniamo a Dubai, dove le strade vive di popolo convergono ad un edificio. Finalmente, la mia meta. Sentivo emanare da quel luogo un’energia speciale. Una lunghissima panchina di legno accoglieva i fedeli all'entrata. Emulando le persone intorno a me tolgo le scarpe ed a piedi nudi entro nella piccola porticina.

Mi si illuminano gli occhi. Letteralmente. Un fuoco di tre metri incendia davanti a me, sento caldo, non capisco se sia solo la fiamma o l'ambiente che ho intorno. I bambini felici danzano, mentre fiori e mandarini volano da ogni parte della stanza verso il colosso rosso. Un profumo d’incenso mi pervade, i sorrisi ora sono più intensi. Persa tra l’incanto della fiamma e gli odori ed i colori, elaboro. Sono l’unica bianca della stanza. L’unica a non essere parte della comunità Indu. L’unica a non sapere bene cosa e perchè stia succedendo. Avrei da li in poi chiesto e documentato quanto più potevo sulla festa, e sulle divinità, e sui mandarini, e su quanto più riuscivo a capire in una comunicazione resa molto difficile dalle barriere linguistiche, ma così facile dall'energia.

A Dubai in quel momento mi sono sentita per la prima volta parte di qualcosa di vero. Tra i sorrisi, tra le carezze, gli abbracci e gli sguardi d’intesa. Tra le stradine dalle pareti scrostate e dai negozi vuoti, i colori dell’Holi mi entrano dentro e mi regalano quel calore che cercavo tra gli sguardi vani dei manager in città.

Foto di UNSPLASH AJIT SINGH su Unsplash

Ed il mondo ha bisogno di consapevolezza

La comunità indiana a Dubai, ed in generale negli Emirati, è molto numerosa, e conosciuta tra le altre cose per le difficili condizioni in cui verte. Rinomato è lo sfruttamento per scopi edilizi di persone che, come accade ovunque, volano via per cercare fortuna. E dall’alto del mio privilegio, alla luce rossa della fiamma, immagino un turismo più consapevole in una delle città più ricche del mondo. Per ammirare, oltre al mercato dei gioielli, il valore spirituale di una città che trova la verità tra le vie nascoste del mercato.

L'aria di Dubai

Alzando la testa i grattacieli sembrano così alti che toccano il cielo. L’aria è bollente, gli uomini indossano kandura e le donne sventolano ventagli ricamati. Le auto di lusso sfrecciano veloci ed i motori risuonano tra le strade sotto lo sguardo affascinato dei turisti. Dubai è una città che fonde tecnologia, innovazione, architettura e lusso. Ovunque brillano i gioielli, mi abbagliano, e le vetrine sono così ricche che ho paura mi possano addebitare una cifra sulla mia carta di credito semi-vuota solo per guardarle da lontano. Eppure, immersa in quello che per molti può sembrare un sogno, io cerco. Cerco quello che non vedo, e non riesco, per quanto mi sforzi, a trovare.

Foto di ZQ Lee su Unsplash

Alla ricerca degli uomini

Cerco la verità nella finzione. Cerco gli sguardi di chi Dubai la vive osservando i grattacieli dalle fondamenta, e non da una poltrona di Bolzan all’ottantesimo piano. “C’è un mercato, vicino al fiume, lì dove le barchette di legno accompagnano i turisti a fare il giro della baia”, mi dice il proprietario di un ristorante di cucina libanese. “Dovresti riuscire ad incontrare un ambiente diverso lì”. Il luogo in questione, per chi fosse in procinto di volare verso la città con il mio stesso spirito, è il Deira Old Souk. Mercato a cielo aperto, lo definisco il più tradizionale ma, come gran parte della città, è percepibile siano finte le pietre invecchiate e l'apparente atmosfera da mercato che si respira. E' comunque piacevole passeggiarci. Pagati pochi spiccioli al tassista scendo dall’auto e mi s’illuminano gli occhi.

I fiori e i colori

Con passo svelto mi addentro tra le stradine del Souk. I commercianti a Dubai hanno un simpaticissimo modo di catturare l'attenzione: in base al colore dei capelli delle donne occidentali che si avventurano nella strada, scelgono una cantante pop americana da associarvi. Io quella sera ero Shakira, ma sono stata anche Dua Lipa in momenti delle mie visite a Dubai dove i capelli erano scuri. E così quasi come camminando su un tappeto rosso ai Grammys, avanzo tra le botteghe tappezzate di lampade colorate e di tessuti, tra le urla dei commercianti, mentre la mia attenzione è completamente catturata dai volti delle persone che camminano in direzione opposta alla mia. Pigmenti colorati e collane di fiori adornano le donne e gli uomini che mi sfrecciano accanto. Non perdo l’occasione, al primo ragazzo della mia età chiedo cosa stia succedendo. “Oggi è festa per la comunità Indiana di Dubai. Oggi si celebra l’Holi. Vieni, lasciati colorare!”. Mi dipinge il volto con polveri verdi e rosa, mi indica una stradina, e voltandosi con dolcezza, va via. Più mi addentravo nella stradina, più il mio volto si illuminava di colori che i passanti accarezzandomi il viso mi regalavano.

La festa induista dei pigmenti

I due giorni di celebrazioni che caratterizzano la festa dell'Holi, conosciuta suppongo da molti per essere celebrata sulle più popolari spiagge d'Italia tra DJ di incalcolabile fama, prevedono un grande falò e celebrazioni che simboleggiano la vittoria del bene sul male. In generale l'idea della celebrazione è di avvicinare la comunità, scambiare doni e vivere a fondo le amicizie e l'amore. Trovate un video che ho trovato molto interessante e ben raccontato di seguito.

L'amore brucia tra i vicoli

Torniamo a Dubai, dove le strade vive di popolo convergono ad un edificio. Finalmente, la mia meta. Sentivo emanare da quel luogo un’energia speciale. Una lunghissima panchina di legno accoglieva i fedeli all'entrata. Emulando le persone intorno a me tolgo le scarpe ed a piedi nudi entro nella piccola porticina.

Mi si illuminano gli occhi. Letteralmente. Un fuoco di tre metri incendia davanti a me, sento caldo, non capisco se sia solo la fiamma o l'ambiente che ho intorno. I bambini felici danzano, mentre fiori e mandarini volano da ogni parte della stanza verso il colosso rosso. Un profumo d’incenso mi pervade, i sorrisi ora sono più intensi. Persa tra l’incanto della fiamma e gli odori ed i colori, elaboro. Sono l’unica bianca della stanza. L’unica a non essere parte della comunità Indu. L’unica a non sapere bene cosa e perchè stia succedendo. Avrei da li in poi chiesto e documentato quanto più potevo sulla festa, e sulle divinità, e sui mandarini, e su quanto più riuscivo a capire in una comunicazione resa molto difficile dalle barriere linguistiche, ma così facile dall'energia.

A Dubai in quel momento mi sono sentita per la prima volta parte di qualcosa di vero. Tra i sorrisi, tra le carezze, gli abbracci e gli sguardi d’intesa. Tra le stradine dalle pareti scrostate e dai negozi vuoti, i colori dell’Holi mi entrano dentro e mi regalano quel calore che cercavo tra gli sguardi vani dei manager in città.

Foto di UNSPLASH AJIT SINGH su Unsplash

Ed il mondo ha bisogno di consapevolezza

La comunità indiana a Dubai, ed in generale negli Emirati, è molto numerosa, e conosciuta tra le altre cose per le difficili condizioni in cui verte. Rinomato è lo sfruttamento per scopi edilizi di persone che, come accade ovunque, volano via per cercare fortuna. E dall’alto del mio privilegio, alla luce rossa della fiamma, immagino un turismo più consapevole in una delle città più ricche del mondo. Per ammirare, oltre al mercato dei gioielli, il valore spirituale di una città che trova la verità tra le vie nascoste del mercato.

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