Storie di Viaggio
20/9/2024

Diario di Bordo in Valdobbiadene: 4 Giorni, 13 Esploratori e un E-Van

Maria Cristina De Rosa
Maria Cristina De Rosa
Redazione Macondo
Maria Cristina De Rosa
Maria Cristina De Rosa
Redazione Macondo

In tredici si sa, solitamente non ci si siede a tavola perché porta male.

Ma in quattro giorni, tredici Esploratori, donne e uomini in media tra i 30 e 40 anni, abbiamo superato qualsiasi ostacolo scaramantico e ci siamo avventurati alla scoperta delle cantine e delle Rive del Valdobbiadene, dalle 8.30 di mattina fino alle 8.00 della sera, quando nei calici di Prosecco DOCG Extra-Brut o Extra-Dry non si specchiava più il colore dell'azzurro del cielo ma dell'arancio del tramonto.

Piccoli Tasselli di un Puzzle

Nel gruppo costituito da alcuni amici, altri sconosciuti o parzialmente, e un esperto, abbiamo condiviso tempo e spazio in nome di uno degli spumanti più famosi al mondo, lasciandoci ispirare da storie di giovanissimi e promettenti imprenditori veneti, che dimostrano giorno per giorno che la differenza si può fare anche se decidi di rimanere in Italia e nella tua regione, coltivando una visione progettuale e personale a lungo termine. Così a lungo termine che arriva fino ai nipoti e quindi alle generazioni future.

Il primo che ci ha conquistato è stato Fabrizio. Un bell'imbusto con il ciuffo biondo-rossiccio e la cadenza velatamente nordica, ma sensibile come la rosa blu che ha tatuata sul retro dell'avambraccio destro. Ci ha accolto con la divisa da lavoro e le scarpe sporche ancora di terra, e ci ha guidato nel suo micro-universo bucolico che si erge sul pentagono di Cartize e guarda da lontano l'Osteria Senz' Oste. Sa quando inizia la sua giornata ma non sa quando finisce, ed è comunque felice così perché non si immagina altrove se non su quelle colline. Poi c'è Stefano. Lui ci ha colti di sorpresa, dopo una serissima visita alla cantina guidata dal papà, ci ha preparato la degustazione all'ombra di un grande albero di gelsomino, immersi nel suo vigneto, su una lunga tavolata in legno. Una location instagrammabile direbbe la GenZ, ma sopratutto preziosa per la naturale e spiazzante bellezza che ci ha lasciati senza parole. Stefano è giovanissimo, non molto loquace, ma sta cercando di prendere posto nell'attività familiare in cui anche la mamma gioca un ruolo fondamentale. Dietro due grandi uomini, c'è per forza una grande donna. Umberto, invece, ci ha conosciuto alle 8.00 di mattina ancora con gli occhi un po' impastati di sonno, ma pronti per il risveglio muscolare a suon di passeggiata su una bella e ripida Riva della sua azienda. Questo ha significato che alle 9.00 stessimo già bevendo uno spumante metodo classico al posto del caffè e anticipassimo l'orario del brunch con pane, soppressa e formaggio. Sul cibo però occorre una doverosa specifica narrativa.

Quella in Valdobbiadene non si può definire un'Expedition dietetica, ma anche perché che senso avrebbe avuto? È stato ampliamente ammesso e dichiarato che le due parole più usate in quattro giorni siano state: soppressa e formaggio. Formaggio e soppressa. Una fettina più doppia e una più sottile, una più grassa e l'altra meno. Uno spicchio accompagnato con una marmellatina dal sapore di cipolla ma in realtà non lo era, e un altro più morbido che si scioglieva in bocca. E poi lo spiedo, il baccalà fritto, le sarde e i gamberetti in saor, la polenta, il risotto agli asparagi, il radicchio in aceto e i cicchetti. I mitici cicchetti, che uno tira l'altro e non te ne accorgi che già ne stai mangiando un altro, tanto si è deciso di assaggiare quelli migliori di tutto il menù dell'osteria. Ed ecco che cene rumorose e pic-nic improvvisi hanno regalato simposi sopra le righe e riscritto le pagine della filosofia moderna.

Non si può non citare anche il mezzo di trasporto che ci ha traghettato da una cantina all'altra, il mitico E-Van. Un van di colore grigio, rigorosamente elettrico, in cui sono state cantate a squarciagola le canzoni di Tiziano Ferro, Loretta Goggi, Mannarino (e anche Maria Nazionale), approfondite lezioni di enologia, curiosità sul mondo dell'imprenditoria vitivinicola e dell'occupazione giovanile nella regione Veneto.

Però poi come succedeva in gita scolastica al liceo, dopo la corsa all'accaparrarsi il posto migliore, si poteva non parlare di sentimenti ed emozioni come la paura del futuro e l'amore? Dei sogni e del proprio vissuto? Di quello che si fa e si vorrebbe fare? Abbiamo aperto i nostri cuori alla condivisione e al vivere esperienze uniche perché rese speciali dal fatto che eravamo noi tutti lì, insieme. I compagni di viaggio sono stati lo zucchero a velo su una brioche che è stata pensata e preparata nei mesi precedenti, con la sana preoccupazione che potesse essere non cotta alla perfezione. Invece è stato tutto perfetto, se non addirittura troppo da dimenticare sul treno di ritorno, ma ci vorrà qualche giorno in più per far passare la nostalgia.

Quanti calici di prosecco avremo bevuto? Chi lo sa. I bicchieri di vino non si contano mai diceva qualcuno. In particolare quelli di prosecco aggiungerei. Inaspettati e sorprendenti. Limpidi dal sapore di mela verde o gelsomino. Con tanta spuma bianca quando li versi. Ma anche dal sapore di pera o pesca. Con un colore giallo paglierino oppure tendente al verde. Ti riempiono la bocca e invadono i sensi, continuando a regalarti un retrogusto che si attacca al palato e resta nella mente.

Un po' come un'Expedition.

In tredici si sa, solitamente non ci si siede a tavola perché porta male.

Ma in quattro giorni, tredici Esploratori, donne e uomini in media tra i 30 e 40 anni, abbiamo superato qualsiasi ostacolo scaramantico e ci siamo avventurati alla scoperta delle cantine e delle Rive del Valdobbiadene, dalle 8.30 di mattina fino alle 8.00 della sera, quando nei calici di Prosecco DOCG Extra-Brut o Extra-Dry non si specchiava più il colore dell'azzurro del cielo ma dell'arancio del tramonto.

Piccoli Tasselli di un Puzzle

Nel gruppo costituito da alcuni amici, altri sconosciuti o parzialmente, e un esperto, abbiamo condiviso tempo e spazio in nome di uno degli spumanti più famosi al mondo, lasciandoci ispirare da storie di giovanissimi e promettenti imprenditori veneti, che dimostrano giorno per giorno che la differenza si può fare anche se decidi di rimanere in Italia e nella tua regione, coltivando una visione progettuale e personale a lungo termine. Così a lungo termine che arriva fino ai nipoti e quindi alle generazioni future.

Il primo che ci ha conquistato è stato Fabrizio. Un bell'imbusto con il ciuffo biondo-rossiccio e la cadenza velatamente nordica, ma sensibile come la rosa blu che ha tatuata sul retro dell'avambraccio destro. Ci ha accolto con la divisa da lavoro e le scarpe sporche ancora di terra, e ci ha guidato nel suo micro-universo bucolico che si erge sul pentagono di Cartize e guarda da lontano l'Osteria Senz' Oste. Sa quando inizia la sua giornata ma non sa quando finisce, ed è comunque felice così perché non si immagina altrove se non su quelle colline. Poi c'è Stefano. Lui ci ha colti di sorpresa, dopo una serissima visita alla cantina guidata dal papà, ci ha preparato la degustazione all'ombra di un grande albero di gelsomino, immersi nel suo vigneto, su una lunga tavolata in legno. Una location instagrammabile direbbe la GenZ, ma sopratutto preziosa per la naturale e spiazzante bellezza che ci ha lasciati senza parole. Stefano è giovanissimo, non molto loquace, ma sta cercando di prendere posto nell'attività familiare in cui anche la mamma gioca un ruolo fondamentale. Dietro due grandi uomini, c'è per forza una grande donna. Umberto, invece, ci ha conosciuto alle 8.00 di mattina ancora con gli occhi un po' impastati di sonno, ma pronti per il risveglio muscolare a suon di passeggiata su una bella e ripida Riva della sua azienda. Questo ha significato che alle 9.00 stessimo già bevendo uno spumante metodo classico al posto del caffè e anticipassimo l'orario del brunch con pane, soppressa e formaggio. Sul cibo però occorre una doverosa specifica narrativa.

Quella in Valdobbiadene non si può definire un'Expedition dietetica, ma anche perché che senso avrebbe avuto? È stato ampliamente ammesso e dichiarato che le due parole più usate in quattro giorni siano state: soppressa e formaggio. Formaggio e soppressa. Una fettina più doppia e una più sottile, una più grassa e l'altra meno. Uno spicchio accompagnato con una marmellatina dal sapore di cipolla ma in realtà non lo era, e un altro più morbido che si scioglieva in bocca. E poi lo spiedo, il baccalà fritto, le sarde e i gamberetti in saor, la polenta, il risotto agli asparagi, il radicchio in aceto e i cicchetti. I mitici cicchetti, che uno tira l'altro e non te ne accorgi che già ne stai mangiando un altro, tanto si è deciso di assaggiare quelli migliori di tutto il menù dell'osteria. Ed ecco che cene rumorose e pic-nic improvvisi hanno regalato simposi sopra le righe e riscritto le pagine della filosofia moderna.

Non si può non citare anche il mezzo di trasporto che ci ha traghettato da una cantina all'altra, il mitico E-Van. Un van di colore grigio, rigorosamente elettrico, in cui sono state cantate a squarciagola le canzoni di Tiziano Ferro, Loretta Goggi, Mannarino (e anche Maria Nazionale), approfondite lezioni di enologia, curiosità sul mondo dell'imprenditoria vitivinicola e dell'occupazione giovanile nella regione Veneto.

Però poi come succedeva in gita scolastica al liceo, dopo la corsa all'accaparrarsi il posto migliore, si poteva non parlare di sentimenti ed emozioni come la paura del futuro e l'amore? Dei sogni e del proprio vissuto? Di quello che si fa e si vorrebbe fare? Abbiamo aperto i nostri cuori alla condivisione e al vivere esperienze uniche perché rese speciali dal fatto che eravamo noi tutti lì, insieme. I compagni di viaggio sono stati lo zucchero a velo su una brioche che è stata pensata e preparata nei mesi precedenti, con la sana preoccupazione che potesse essere non cotta alla perfezione. Invece è stato tutto perfetto, se non addirittura troppo da dimenticare sul treno di ritorno, ma ci vorrà qualche giorno in più per far passare la nostalgia.

Quanti calici di prosecco avremo bevuto? Chi lo sa. I bicchieri di vino non si contano mai diceva qualcuno. In particolare quelli di prosecco aggiungerei. Inaspettati e sorprendenti. Limpidi dal sapore di mela verde o gelsomino. Con tanta spuma bianca quando li versi. Ma anche dal sapore di pera o pesca. Con un colore giallo paglierino oppure tendente al verde. Ti riempiono la bocca e invadono i sensi, continuando a regalarti un retrogusto che si attacca al palato e resta nella mente.

Un po' come un'Expedition.

In tredici si sa, solitamente non ci si siede a tavola perché porta male.

Ma in quattro giorni, tredici Esploratori, donne e uomini in media tra i 30 e 40 anni, abbiamo superato qualsiasi ostacolo scaramantico e ci siamo avventurati alla scoperta delle cantine e delle Rive del Valdobbiadene, dalle 8.30 di mattina fino alle 8.00 della sera, quando nei calici di Prosecco DOCG Extra-Brut o Extra-Dry non si specchiava più il colore dell'azzurro del cielo ma dell'arancio del tramonto.

Piccoli Tasselli di un Puzzle

Nel gruppo costituito da alcuni amici, altri sconosciuti o parzialmente, e un esperto, abbiamo condiviso tempo e spazio in nome di uno degli spumanti più famosi al mondo, lasciandoci ispirare da storie di giovanissimi e promettenti imprenditori veneti, che dimostrano giorno per giorno che la differenza si può fare anche se decidi di rimanere in Italia e nella tua regione, coltivando una visione progettuale e personale a lungo termine. Così a lungo termine che arriva fino ai nipoti e quindi alle generazioni future.

Il primo che ci ha conquistato è stato Fabrizio. Un bell'imbusto con il ciuffo biondo-rossiccio e la cadenza velatamente nordica, ma sensibile come la rosa blu che ha tatuata sul retro dell'avambraccio destro. Ci ha accolto con la divisa da lavoro e le scarpe sporche ancora di terra, e ci ha guidato nel suo micro-universo bucolico che si erge sul pentagono di Cartize e guarda da lontano l'Osteria Senz' Oste. Sa quando inizia la sua giornata ma non sa quando finisce, ed è comunque felice così perché non si immagina altrove se non su quelle colline. Poi c'è Stefano. Lui ci ha colti di sorpresa, dopo una serissima visita alla cantina guidata dal papà, ci ha preparato la degustazione all'ombra di un grande albero di gelsomino, immersi nel suo vigneto, su una lunga tavolata in legno. Una location instagrammabile direbbe la GenZ, ma sopratutto preziosa per la naturale e spiazzante bellezza che ci ha lasciati senza parole. Stefano è giovanissimo, non molto loquace, ma sta cercando di prendere posto nell'attività familiare in cui anche la mamma gioca un ruolo fondamentale. Dietro due grandi uomini, c'è per forza una grande donna. Umberto, invece, ci ha conosciuto alle 8.00 di mattina ancora con gli occhi un po' impastati di sonno, ma pronti per il risveglio muscolare a suon di passeggiata su una bella e ripida Riva della sua azienda. Questo ha significato che alle 9.00 stessimo già bevendo uno spumante metodo classico al posto del caffè e anticipassimo l'orario del brunch con pane, soppressa e formaggio. Sul cibo però occorre una doverosa specifica narrativa.

Quella in Valdobbiadene non si può definire un'Expedition dietetica, ma anche perché che senso avrebbe avuto? È stato ampliamente ammesso e dichiarato che le due parole più usate in quattro giorni siano state: soppressa e formaggio. Formaggio e soppressa. Una fettina più doppia e una più sottile, una più grassa e l'altra meno. Uno spicchio accompagnato con una marmellatina dal sapore di cipolla ma in realtà non lo era, e un altro più morbido che si scioglieva in bocca. E poi lo spiedo, il baccalà fritto, le sarde e i gamberetti in saor, la polenta, il risotto agli asparagi, il radicchio in aceto e i cicchetti. I mitici cicchetti, che uno tira l'altro e non te ne accorgi che già ne stai mangiando un altro, tanto si è deciso di assaggiare quelli migliori di tutto il menù dell'osteria. Ed ecco che cene rumorose e pic-nic improvvisi hanno regalato simposi sopra le righe e riscritto le pagine della filosofia moderna.

Non si può non citare anche il mezzo di trasporto che ci ha traghettato da una cantina all'altra, il mitico E-Van. Un van di colore grigio, rigorosamente elettrico, in cui sono state cantate a squarciagola le canzoni di Tiziano Ferro, Loretta Goggi, Mannarino (e anche Maria Nazionale), approfondite lezioni di enologia, curiosità sul mondo dell'imprenditoria vitivinicola e dell'occupazione giovanile nella regione Veneto.

Però poi come succedeva in gita scolastica al liceo, dopo la corsa all'accaparrarsi il posto migliore, si poteva non parlare di sentimenti ed emozioni come la paura del futuro e l'amore? Dei sogni e del proprio vissuto? Di quello che si fa e si vorrebbe fare? Abbiamo aperto i nostri cuori alla condivisione e al vivere esperienze uniche perché rese speciali dal fatto che eravamo noi tutti lì, insieme. I compagni di viaggio sono stati lo zucchero a velo su una brioche che è stata pensata e preparata nei mesi precedenti, con la sana preoccupazione che potesse essere non cotta alla perfezione. Invece è stato tutto perfetto, se non addirittura troppo da dimenticare sul treno di ritorno, ma ci vorrà qualche giorno in più per far passare la nostalgia.

Quanti calici di prosecco avremo bevuto? Chi lo sa. I bicchieri di vino non si contano mai diceva qualcuno. In particolare quelli di prosecco aggiungerei. Inaspettati e sorprendenti. Limpidi dal sapore di mela verde o gelsomino. Con tanta spuma bianca quando li versi. Ma anche dal sapore di pera o pesca. Con un colore giallo paglierino oppure tendente al verde. Ti riempiono la bocca e invadono i sensi, continuando a regalarti un retrogusto che si attacca al palato e resta nella mente.

Un po' come un'Expedition.

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