Nascere in montagna crea un legame unico, delle radici che ti uniscono a quel luogo in modo ineluttabile; è un amore che non si conquista, ma che si vive fin dal primo momento.
Renata Rossi conosce bene questo legame: la montagna è stata la sua prima casa, il suo primo amore e, da oltre 40 anni, il suo lavoro, rendendola la prima donna guida alpina in Italia.
Non Solo una Professione ma Una Scelta di Cuore
Ho avuto l'opportunità di conversare con Renata e la prima cosa che mi ha colpito è che, nonostante siano passati 40 anni da quando ha intrapreso questa professione, il suo entusiasmo e la sua passione rimangono intatti, proprio come all'inizio. Non si tratta semplicemente di un lavoro, ma di una vera e propria scelta di vita: quella di vivere a contatto con la natura e di condividere con gli altri le conoscenze e l'amore per i luoghi che ci circondano.
Renata è nata e vive in Val Bregaglia alla Dogana di Villa di Chiavenna, nella parte italiana. Mentre parliamo, si possono udire le campane provenienti dalla vicina Svizzera. Qui tutto è a misura d'uomo, c'è solo l'indispensabile e i boschi circondano il paesaggio. Renata lo descrive come un paradiso, e in effetti lo è davvero.
Lascia questo luogo solo per un breve periodo ma il richiamo delle montagne è troppo forte e così decide di interrompere gli studi universitari a Padova per tornare.
Nel 1977, insieme al marito e collega Franco Giacomelli e altri appassionati, intraprende un'importante spedizione sull'Himalaya con l'obiettivo di raggiungere la vetta dell'Annapurna III. Questa, mi dice esser stata ai tempi la spedizione con il maggior numero di alpinisti "non famosi". In quegli anni, infatti, per poter raggiungere le grandi vette era necessario essere invitati; di conseguenza a essere scelti erano solo alpinisti noti e di grande fama. Era inoltre necessario avere qualcuno che gestisse ogni dettaglio: dalla richiesta dei permessi, all'organizzazione della logistica, al budget, fino alle sponsorizzazioni e i materiali.
Un aspetto ancora più sorprendente era la presenza di donne nel gruppo, idea che a quell’epoca nessuno avrebbe mai pensato di prendere in considerazione. Infatti l’alpinismo è storicamente considerato un'attività "maschile", poiché richiede resistenza, forza e, ammettiamolo, anche una certa dose di coraggio. Tutte qualità che vengono associate agli uomini e spesso messe in discussione quando si tratta di una donna.
Renata è determinata, nel 1981 inizia il suo percorso di studi come aspirante guida alpina e, dopo tre anni di impegno e approfondimenti, partecipa al corso nazionale, conseguendo il diploma nel 1984. È la prima donna guida alpina in Italia, tra le prime in Europa. Un percorso lungo, di grandi fatiche, appesantito dai pregiudizi di un ambiente ancora oggi prettamente maschile. Supera e sfida così un ostacolo che sembrava insormontabile, aprendo la strada a molte altre ragazze. Attualmente, su circa 1.500 guide alpine in Italia, le donne sono tra le 25 e le 30, e solo alcune di loro riescono a esercitare questa professione a tempo pieno. Il numero rimane oggi comunque piuttosto ridotto, anche se negli ultimi anni si è registrato un incremento delle donne che praticano attività sui sentieri e nelle falesie.
Cosa Vuol Dire Essere Guida Alpina?
Renata racconta che il lavoro di guida alpina richiede un costante aggiornamento e formazione. È fondamentale mantenersi in buona forma fisica e rimanere informati sulle nuove tecniche. Le persone poi possono essere imprevedibili, e la guida ha la significativa ed essenziale responsabilità di garantirne la sicurezza. Proprio per questo è importante avere un atteggiamento adeguato e una certa predisposizione caratteriale, essere in grado di gestire le situazioni e affrontare le varie difficoltà e pericoli che possono presentarsi. La responsabilità verso le persone rappresenta senza dubbio l'aspetto più delicato e complesso di questo lavoro, insieme a tutte le questioni burocratiche che si devono gestire.
È un'attività che si adatta a ciò che la montagna offre e toglie in base alle diverse stagioni.
L'alpinismo tradizionale sta diventando sempre più di nicchia, principalmente a causa di motivi economici e dei cambiamenti climatici che stanno trasformando la montagna. Per questo motivo, le guide alpine stanno ampliando la loro offerta, includendo attività come lo scialpinismo e le cascate di ghiaccio in inverno, e canyoning ed escursionismo in estate, oltre a corsi di formazione su valanghe e autosoccorso.
Purtroppo, mi spiega che anche il mondo delle guide alpine sta cambiando, trasformandosi sempre più in un vero e proprio business con nuove figure professionali alternative. Si sta perdendo di vista il significato autentico di questo ruolo rendendolo commerciale. Ora l'attenzione è rivolta alla quantità: più escursioni si riescono a organizzare in un giorno, migliore è il profitto. In questo modo, si trascura il tempo necessario da dedicare alle persone, per poter trasmettere loro la bellezza dei luoghi e condividere la propria conoscenza e passione. Quando tutto è veloce e sembra quasi sfuggire, regalarsi il giusto tempo per contemplare la meraviglia di ciò che ci circonda è l’occasione per rincasare dalla frenesia che accompagna il nostro vivere. È solo quando si compie tutto questo che si ha la più grande e vera soddisfazione.
Non ci si può improvvisare guida alpina; il non sopravvalutare le proprie capacità e affidarsi a veri professionisti è la scelta migliore per vivere la montagna e sfruttare pienamente tutto ciò che ha da offrire in modo consapevole e sereno.
Chi meglio di una persona che ama profondamente la montagna e la vive ogni giorno può farci vivere appieno questa esperienza?
Nascere in montagna crea un legame unico, delle radici che ti uniscono a quel luogo in modo ineluttabile; è un amore che non si conquista, ma che si vive fin dal primo momento.
Renata Rossi conosce bene questo legame: la montagna è stata la sua prima casa, il suo primo amore e, da oltre 40 anni, il suo lavoro, rendendola la prima donna guida alpina in Italia.
Non Solo una Professione ma Una Scelta di Cuore
Ho avuto l'opportunità di conversare con Renata e la prima cosa che mi ha colpito è che, nonostante siano passati 40 anni da quando ha intrapreso questa professione, il suo entusiasmo e la sua passione rimangono intatti, proprio come all'inizio. Non si tratta semplicemente di un lavoro, ma di una vera e propria scelta di vita: quella di vivere a contatto con la natura e di condividere con gli altri le conoscenze e l'amore per i luoghi che ci circondano.
Renata è nata e vive in Val Bregaglia alla Dogana di Villa di Chiavenna, nella parte italiana. Mentre parliamo, si possono udire le campane provenienti dalla vicina Svizzera. Qui tutto è a misura d'uomo, c'è solo l'indispensabile e i boschi circondano il paesaggio. Renata lo descrive come un paradiso, e in effetti lo è davvero.
Lascia questo luogo solo per un breve periodo ma il richiamo delle montagne è troppo forte e così decide di interrompere gli studi universitari a Padova per tornare.
Nel 1977, insieme al marito e collega Franco Giacomelli e altri appassionati, intraprende un'importante spedizione sull'Himalaya con l'obiettivo di raggiungere la vetta dell'Annapurna III. Questa, mi dice esser stata ai tempi la spedizione con il maggior numero di alpinisti "non famosi". In quegli anni, infatti, per poter raggiungere le grandi vette era necessario essere invitati; di conseguenza a essere scelti erano solo alpinisti noti e di grande fama. Era inoltre necessario avere qualcuno che gestisse ogni dettaglio: dalla richiesta dei permessi, all'organizzazione della logistica, al budget, fino alle sponsorizzazioni e i materiali.
Un aspetto ancora più sorprendente era la presenza di donne nel gruppo, idea che a quell’epoca nessuno avrebbe mai pensato di prendere in considerazione. Infatti l’alpinismo è storicamente considerato un'attività "maschile", poiché richiede resistenza, forza e, ammettiamolo, anche una certa dose di coraggio. Tutte qualità che vengono associate agli uomini e spesso messe in discussione quando si tratta di una donna.
Renata è determinata, nel 1981 inizia il suo percorso di studi come aspirante guida alpina e, dopo tre anni di impegno e approfondimenti, partecipa al corso nazionale, conseguendo il diploma nel 1984. È la prima donna guida alpina in Italia, tra le prime in Europa. Un percorso lungo, di grandi fatiche, appesantito dai pregiudizi di un ambiente ancora oggi prettamente maschile. Supera e sfida così un ostacolo che sembrava insormontabile, aprendo la strada a molte altre ragazze. Attualmente, su circa 1.500 guide alpine in Italia, le donne sono tra le 25 e le 30, e solo alcune di loro riescono a esercitare questa professione a tempo pieno. Il numero rimane oggi comunque piuttosto ridotto, anche se negli ultimi anni si è registrato un incremento delle donne che praticano attività sui sentieri e nelle falesie.
Cosa Vuol Dire Essere Guida Alpina?
Renata racconta che il lavoro di guida alpina richiede un costante aggiornamento e formazione. È fondamentale mantenersi in buona forma fisica e rimanere informati sulle nuove tecniche. Le persone poi possono essere imprevedibili, e la guida ha la significativa ed essenziale responsabilità di garantirne la sicurezza. Proprio per questo è importante avere un atteggiamento adeguato e una certa predisposizione caratteriale, essere in grado di gestire le situazioni e affrontare le varie difficoltà e pericoli che possono presentarsi. La responsabilità verso le persone rappresenta senza dubbio l'aspetto più delicato e complesso di questo lavoro, insieme a tutte le questioni burocratiche che si devono gestire.
È un'attività che si adatta a ciò che la montagna offre e toglie in base alle diverse stagioni.
L'alpinismo tradizionale sta diventando sempre più di nicchia, principalmente a causa di motivi economici e dei cambiamenti climatici che stanno trasformando la montagna. Per questo motivo, le guide alpine stanno ampliando la loro offerta, includendo attività come lo scialpinismo e le cascate di ghiaccio in inverno, e canyoning ed escursionismo in estate, oltre a corsi di formazione su valanghe e autosoccorso.
Purtroppo, mi spiega che anche il mondo delle guide alpine sta cambiando, trasformandosi sempre più in un vero e proprio business con nuove figure professionali alternative. Si sta perdendo di vista il significato autentico di questo ruolo rendendolo commerciale. Ora l'attenzione è rivolta alla quantità: più escursioni si riescono a organizzare in un giorno, migliore è il profitto. In questo modo, si trascura il tempo necessario da dedicare alle persone, per poter trasmettere loro la bellezza dei luoghi e condividere la propria conoscenza e passione. Quando tutto è veloce e sembra quasi sfuggire, regalarsi il giusto tempo per contemplare la meraviglia di ciò che ci circonda è l’occasione per rincasare dalla frenesia che accompagna il nostro vivere. È solo quando si compie tutto questo che si ha la più grande e vera soddisfazione.
Non ci si può improvvisare guida alpina; il non sopravvalutare le proprie capacità e affidarsi a veri professionisti è la scelta migliore per vivere la montagna e sfruttare pienamente tutto ciò che ha da offrire in modo consapevole e sereno.
Chi meglio di una persona che ama profondamente la montagna e la vive ogni giorno può farci vivere appieno questa esperienza?
Nascere in montagna crea un legame unico, delle radici che ti uniscono a quel luogo in modo ineluttabile; è un amore che non si conquista, ma che si vive fin dal primo momento.
Renata Rossi conosce bene questo legame: la montagna è stata la sua prima casa, il suo primo amore e, da oltre 40 anni, il suo lavoro, rendendola la prima donna guida alpina in Italia.
Non Solo una Professione ma Una Scelta di Cuore
Ho avuto l'opportunità di conversare con Renata e la prima cosa che mi ha colpito è che, nonostante siano passati 40 anni da quando ha intrapreso questa professione, il suo entusiasmo e la sua passione rimangono intatti, proprio come all'inizio. Non si tratta semplicemente di un lavoro, ma di una vera e propria scelta di vita: quella di vivere a contatto con la natura e di condividere con gli altri le conoscenze e l'amore per i luoghi che ci circondano.
Renata è nata e vive in Val Bregaglia alla Dogana di Villa di Chiavenna, nella parte italiana. Mentre parliamo, si possono udire le campane provenienti dalla vicina Svizzera. Qui tutto è a misura d'uomo, c'è solo l'indispensabile e i boschi circondano il paesaggio. Renata lo descrive come un paradiso, e in effetti lo è davvero.
Lascia questo luogo solo per un breve periodo ma il richiamo delle montagne è troppo forte e così decide di interrompere gli studi universitari a Padova per tornare.
Nel 1977, insieme al marito e collega Franco Giacomelli e altri appassionati, intraprende un'importante spedizione sull'Himalaya con l'obiettivo di raggiungere la vetta dell'Annapurna III. Questa, mi dice esser stata ai tempi la spedizione con il maggior numero di alpinisti "non famosi". In quegli anni, infatti, per poter raggiungere le grandi vette era necessario essere invitati; di conseguenza a essere scelti erano solo alpinisti noti e di grande fama. Era inoltre necessario avere qualcuno che gestisse ogni dettaglio: dalla richiesta dei permessi, all'organizzazione della logistica, al budget, fino alle sponsorizzazioni e i materiali.
Un aspetto ancora più sorprendente era la presenza di donne nel gruppo, idea che a quell’epoca nessuno avrebbe mai pensato di prendere in considerazione. Infatti l’alpinismo è storicamente considerato un'attività "maschile", poiché richiede resistenza, forza e, ammettiamolo, anche una certa dose di coraggio. Tutte qualità che vengono associate agli uomini e spesso messe in discussione quando si tratta di una donna.
Renata è determinata, nel 1981 inizia il suo percorso di studi come aspirante guida alpina e, dopo tre anni di impegno e approfondimenti, partecipa al corso nazionale, conseguendo il diploma nel 1984. È la prima donna guida alpina in Italia, tra le prime in Europa. Un percorso lungo, di grandi fatiche, appesantito dai pregiudizi di un ambiente ancora oggi prettamente maschile. Supera e sfida così un ostacolo che sembrava insormontabile, aprendo la strada a molte altre ragazze. Attualmente, su circa 1.500 guide alpine in Italia, le donne sono tra le 25 e le 30, e solo alcune di loro riescono a esercitare questa professione a tempo pieno. Il numero rimane oggi comunque piuttosto ridotto, anche se negli ultimi anni si è registrato un incremento delle donne che praticano attività sui sentieri e nelle falesie.
Cosa Vuol Dire Essere Guida Alpina?
Renata racconta che il lavoro di guida alpina richiede un costante aggiornamento e formazione. È fondamentale mantenersi in buona forma fisica e rimanere informati sulle nuove tecniche. Le persone poi possono essere imprevedibili, e la guida ha la significativa ed essenziale responsabilità di garantirne la sicurezza. Proprio per questo è importante avere un atteggiamento adeguato e una certa predisposizione caratteriale, essere in grado di gestire le situazioni e affrontare le varie difficoltà e pericoli che possono presentarsi. La responsabilità verso le persone rappresenta senza dubbio l'aspetto più delicato e complesso di questo lavoro, insieme a tutte le questioni burocratiche che si devono gestire.
È un'attività che si adatta a ciò che la montagna offre e toglie in base alle diverse stagioni.
L'alpinismo tradizionale sta diventando sempre più di nicchia, principalmente a causa di motivi economici e dei cambiamenti climatici che stanno trasformando la montagna. Per questo motivo, le guide alpine stanno ampliando la loro offerta, includendo attività come lo scialpinismo e le cascate di ghiaccio in inverno, e canyoning ed escursionismo in estate, oltre a corsi di formazione su valanghe e autosoccorso.
Purtroppo, mi spiega che anche il mondo delle guide alpine sta cambiando, trasformandosi sempre più in un vero e proprio business con nuove figure professionali alternative. Si sta perdendo di vista il significato autentico di questo ruolo rendendolo commerciale. Ora l'attenzione è rivolta alla quantità: più escursioni si riescono a organizzare in un giorno, migliore è il profitto. In questo modo, si trascura il tempo necessario da dedicare alle persone, per poter trasmettere loro la bellezza dei luoghi e condividere la propria conoscenza e passione. Quando tutto è veloce e sembra quasi sfuggire, regalarsi il giusto tempo per contemplare la meraviglia di ciò che ci circonda è l’occasione per rincasare dalla frenesia che accompagna il nostro vivere. È solo quando si compie tutto questo che si ha la più grande e vera soddisfazione.
Non ci si può improvvisare guida alpina; il non sopravvalutare le proprie capacità e affidarsi a veri professionisti è la scelta migliore per vivere la montagna e sfruttare pienamente tutto ciò che ha da offrire in modo consapevole e sereno.
Chi meglio di una persona che ama profondamente la montagna e la vive ogni giorno può farci vivere appieno questa esperienza?